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Dopo aver visto “Dumbo”, uscito da poco nelle nostre sale, mi è tornata la “Tim Burton Mania”. Come scrivevo nel post dedicato all’elefante volante, c’è stato un periodo in cui Tim Burton era il mio regista preferito; precisamente nel ’99 quando uscì “Il mistero di Sleepy Hollow”. A dire il vero mi sono appassionato molto presto allo stile gotico e dark del regista e disegnatore statunitense, perché quando avevo cinque anni (nel ’92) andai a vedere al cinema un film che mi cambiò per sempre la vita: “Batman – Il ritorno”. Ricordo quel giorno come fosse ieri; seduto in braccio a mio padre, perché il signore seduto davanti a me era troppo alto, e il fascino che suscitò in me quella pellicola nonostante non fosse per niente adatta a un bambino di cinque anni.

Batman è sempre stato il mio supereroe preferito, e prima di “Batman – Il ritorno” avevo già visto la serie degli anni ’60 con Adam West e il film dell’89 sempre diretto da Burton, che era già più accessibile ad un pubblico di bambini poiché più commerciale del secondo.

Quindi, la mia passione per Burton iniziò prestissimo, ma nel ’99 ci fu il picco, grazie all’uscita di “Il mistero di Sleepy Hollow” che allora, agli occhi di un dodicenne, sembrava una figata pazzesca, e poi perché nel frattempo avevo visto gli altri suoi film.

Con questo articolo mi concentrerò sulla filmografia di Tim Burton nel periodo che va dal 1985 al 2001, la prima esatta metà della sua carriera.

Il primo lungometraggio di Tim Burton si intitola “Pee Wee’s Big Adventure”, ed esce nel 1985.
Si tratta di un film insolito e bizzarro, che ha il ritmo di un cartone animato ed è caratterizzato da una comicità di tipo Slapstick.
Il protagonista è Paul Rubens, in arte Pee Wee Herman, personaggio già famoso grazie alla serie “Pee Wee Herman Show” in onda già dal 1980.
Il film narra le vicende di Pee Wee, un uomo che si comporta come un bambino, molto affezionato alla sua bicicletta. Quando questa gli viene rubata, il protagonista andrà incontro a una serie di peripezie stravaganti.
Vidi questo film più di quindici anni fa, e ricordo che il personaggio di Pee Wee lo trovai abbastanza insopportabile; però il film è indubbiamente un piccolo gioiello, e le trovate geniali e divertenti sono numerose. Niente a che vedere con il Tim Burton che avremo visto in futuro, ma come inizio non è niente male per un giovane regista 27enne. Il film segna, inoltre, la prima e duratura collaborazione con il compositore Danny Elfman, qui alla sua prima colonna sonora.
La pellicola, costata appena 7 milioni di dollari, ne incassò 40, facendone così un successo finanziario.

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Nel 1988 Burton dirige il suo primo vero e proprio capolavoro: “Beetlejuice – Spiritello porcello”, in cui, oltre ai protagonisti Alec Baldwin e Geena Davis, troviamo nomi che torneranno in alcuni dei futuri film di Burton, come Wynona Ryder, Catherine O’Hara, Jeffrey Jones e Michael Keaton, che qui interpreta lo stravagante Beetlejuice (letteralmente: Succo di scarafaggio), un insolito e repellente “Bio-esorcista”, che si sbarazza dei vivi per dare pace agli spiriti.
In questo caso dovrà aiutare una coppia di sposini (Baldwin e Davis), appena defunti ma tornati come spiriti nella propria casa, a liberarsi della nuova famiglia composta da una bizzarra scultrice, suo marito e la figlia adolescente Lydia (una giovanissima Wynona Ryder).
Il film è ricco di trovate geniali, dai personaggi, all’ambientazione, fino ad arrivare ai più piccoli particolari come gli arredi e le sculture della mamma di Lydia.
Fu un ottimo successo al botteghino, diede vita a una serie tv, e ancora oggi si parla di un probabile sequel. Noi continuiamo ad aspettare anche se le probabilità di avvicinarsi alla bellezza di questo primo episodio è praticamente pari allo zero.

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I primi due film di Burton si sono rivelati buoni successi al botteghino, nonostante l’esiguo budget. Ed è proprio questo aspetto a convincere la Warner ad affidare a Burton un progetto ambizioso: la trasposizione cinematografica del celebre fumetto Batman.
Inizialmente restio a dedicarsi a Kolossal commerciali, Burton infine cede, con la finalità di poter avere maggiore libertà espressiva per i progetti futuri, e così rende finalmente giustizia a uno dei personaggi più amati del mondo dei fumetti con un film memorabile.
Le perplessità all’inizio erano tante, su tutte la scelta del protagonista Michael Keaton.
L’attore non aveva il fisico adatto per il ruolo e in quel periodo si era dedicato perlopiù a ruoli comici, ma il risultato finale fu convincente.

A contribuire alla riuscita del film fu anche, e soprattutto, la nemesi del protagonista: il Joker interpretato da un superbo Jack Nicholson in stato di grazia. L’attore accettò il ruolo ponendo numerose condizioni (o se preferiamo “capricci”), ma in cambiò ha regalato al cinema uno dei migliori cattivi di sempre. Grazie a questo film Burton ha modo di esprimere la propria sensibilità riguardo al tema del diverso, che accompagnerà tutta la sua carriera. I protagonisti sono due “Freaks” che combattono la loro guerra personale.

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Tantissime sono le scene memorabili: su tutte l’attacco al museo da parte del Joker, sulle note di una canzone di Prince, e lo scontro finale in cima alla cattedrale.
Il film fu un enorme successo finanziario incassando globalmente 411 milioni di dollari, a fronte di un budget di 35 milioni.
Batman” diede così il via a una serie di film dedicati all’uomo pipistrello, qualitativamente altalenanti, e ancora oggi appassiona milioni di spettatori.

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L’anno dopo, nel 1990, scrive e dirige quello che è considerato uno dei suoi massimi capolavori: “Edward mani di forbice”. Il film segna un sodalizio duraturo con l’attore Johnny Depp, da Burton considerato come uno spirito affine, e vede la conferma di Danny Elfman come compositore.
Si tratta di una fiaba gotica tra le più amate di sempre, considerata dallo stesso Burton la sua opera più personale. Il protagonista Edward, un ragazzo artificiale con delle forbici al posto delle mani è di una malinconica tenerezza, ed è uno degli esempi meglio riusciti di “Freak” che popolano le opere del regista.

Nel ruolo della protagonista ritroviamo Wynona Ryder, che aveva già lavorato con Burton in “Beetlejuice”, mentre nel ruolo del creatore di Edward compare Vincent Price, vecchio divo del cinema horror, qui alla sua penultima prova cinematografica. L’attore morì tre anni più tardi.
Il film fu un altro successo finanziario: costato 20 milioni di dollari, ne incassa 86.

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Tim Burton è in stato di grazia, e nel 1992 realizza un altro dei suoi capolavori; uno dei cinefumetti più affascinanti, complessi e anti commerciali che siano mai stati realizzati: “Batman – Il ritorno”, sequel della fortunata pellicola dell’89.
All’indomani dell’uscita del primo Batman, Burton non sottoscrisse alcun sequel, dichiarandosi disinteressato e preferendo progetti di altro tipo. Accettò l’incarico a patto, però, che gli venisse data totale libertà creativa, e che si fosse trattato di un film nuovo che non avesse alcun legame col precedente; e fu anche per questo motivo che nel film non troviamo più il personaggio di Harvey Dent, che nel primo film era interpretato da Billy Dee Williams. Gli amanti del fumetto sanno bene che Harvey Dent è il procuratore distrettuale trasformatosi poi in Due Facce, nemico di Batman.
L’idea di far evolvere il personaggio fu quindi scartata.

In “Batman – Il ritorno” troviamo una fantastica galleria di cattivi interpretata da tre grandissimi attori. Michelle Pfeiffer è la bellissima Catwoman, Danny DeVito è un indimenticabile Pinguino, mentre Christopher Walken è lo spietato industriale Max Schreck, personaggio nuovo creato da Burton. Il clima disteso del film tradisce le regole del cinema d’azione. Ancora una volta, e in maniera impeccabile e delicata, Burton affronta il tema della diversità, dell’umiliazione e della solitudine. La complessità dei temi trattati e i toni cupi hanno portato la pellicola a suscitare controversie, ma è anche e soprattutto per questo aspetto che trovo “Batman – Il ritorno” uno dei migliori cinecomics di sempre e, sotto alcuni aspetti, tra i film dedicati all’uomo pipistrello, il migliore.
Fu un successo commerciale, anche se inferiore al primo.

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Nel 1993 scrive e produce il capolavoro d’animazione “Nightmare before christmas”, ma non lo dirige. La regia è affidata a Henry Selick, che in seguito avrebbe diretto “James e la pesca gigante”, “Monkeybone” e “Coraline”, ma l’opera migliore rimane senz’altro questa. Realizzata in stop motion, la pellicola ha per protagonisti personaggi bizzarri, come il protagonista Jack, uno scheletro che, stanco della routine della sua città di Halloween, decide di impadronirsi del natale. Il film non ottenne un successo immediato, ma ad oggi è un’opera amatissima da grandi e piccini, nonché uno dei migliori film sul natale. Nonostante Burton non venga accreditato come regista, la sua influenza è evidente in ogni singolo fotogramma.

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Nel ’94 arriva un film più piccolo ma che conferma l’ispirazione del regista. “Ed Wood” è la biografia di Edward D. Wood Jr., considerato il peggior regista di tutti i tempi, interpretato da Johnny Depp.
La nomea di peggior regista conferita a Ed Wood non poteva che appassionare Burton, portandolo quindi ad ammirare il regista anziché deriderlo. E infatti nel film viene messo in luce proprio questo aspetto; un’ammirazione totale per il regista e le opere da lui create.
Martin Landau è perfetto nel ruolo di Bela Lugosi, attore feticcio di Ed Wood, e icona del cinema horror di serie B. Bellissima la comparsa di Vincent D’Onofrio nel ruolo del grande Orson Welles, che sprona Ed Wood a non mollare.
Il film non ebbe successo di pubblico: incassò soltanto 5,9 milioni di dollari contro un budget di 18 milioni. Negli anni è diventato un cult ed è tuttora considerato come una delle migliori opere di Burton.

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Nel 1996 esce “Mars Attacks”, pellicola dagli intenti parodistici, che non è assolutamente al livello dei precedenti capolavori di Burton, ma è comunque un’opera bizzarra e divertente.
Il film affascina per la ricostruzione che si rifà ai film di fantascienza di serie B degli anni ’50, e vede un gruppo di alieni impadronirsi della terra, finché un ragazzo non scopre il modo per eliminarli: far loro ascoltare la musica country, genere che lo stesso Burton detesta.
A prendere parte al progetto, una galleria di attori di tutto rispetto: Jack Nicholson veste il doppio ruolo del presidente degli Stati Uniti e di un manager di Las Vegas, mentre la first lady è interpretata da Glenn Close e Natalie Portman è la figlia adolescente. Completano il folto stuolo di celebrità attori come Danny DeVito, Pierce Brosnan, Annette Bening, Martin Short, Sarah Jessica Parker, Pam Grier, Michael J. Fox, Rod Steiger e il cantante Tom Jones.
Fu l’ultimo film dell’ultranovantenne Sylvia Sydney, che aveva già lavorato con Burton In “Beetlejuice”.
Mars attacks” ebbe la sfortuna di uscire in contemporanea col Blockbuster “Independence day” e fu quindi un flop al botteghino.

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Nel 1999 Burton ritorna alle atmosfere gotiche che hanno fatto la sua fortuna, con un altro gioiello della sua filmografia: “Il mistero di Sleepy Hollow”, tratto dal celebre racconto di Washington Irving. Nel ruolo di Ichabod Crane ritroviamo Johnny Depp, che qui deve investigare su dei casi di omicidio, nei quali le teste delle vittime sono state rimosse. Il film contiene scene molto macabre e violente, ma grazie allo stile unico di Burton si evita l’effetto splatter. Il colore del sangue, infatti, viene reso di un rosso molto acceso.
La protagonista femminile è Christina Ricci, mentre alcuni dei personaggi sono interpretati da volti già visti nel cinema di Burton: Jeffrey Jones, Michael Gough (Alfred in “Batman”), Martin Landau e Christopher Walken nel ruolo del cavaliere senza testa.
Tim Burton abbandona il decennio con un film memorabile, amato dalla critica e dal pubblico.

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Purtroppo però il nostro non inaugura nel migliore dei modi il nuovo millennio.
Nel 2001 esce “Planet of the apes – Il pianeta delle scimmie”, remake dell’omonima pellicola del 1968 con Charlton Heston.
Gli effetti speciali sono incredibili, ma per il resto il film non convince, e rappresenta il primo grande tonfo qualitativo di Tim Burton, che si dimostra a disagio nel cinema d’azione.
Rick Baker ha fatto un lavoro eccezionale al trucco ma, come disse il critico Roger Ebert, tra dieci anni, sarà sempre la versione del 1968 a essere ricordata.

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Tim Burton tornerà alla grande due anni più tardi con “Big fish”, ma questo lo vedremo nel prossimo post.

Per ora si chiude qui la prima parte dedicata alla filmografia del geniale Tim Burton.

Vi aspetto domani con la seconda parte…