Dropkick-Murphys-and-Flogging-Molly-at-Carroponte-MI

Giovedì 6 luglio, cinque giorni prima del concerto:

guardo i turni della settimana e vedo che martedì finisco di lavorare alle 20.
Era da tempo che accarezzavo l’idea di andare a un concerto dei Dropkick Murphys, ma gli spazi chiusi per quel tipo di concerti li trovo leggermente claustrofobici, e pogare non è esattamente il mio forte. Meglio quindi uno spazio all’aperto dove aver la possibilità di defilarsi stando comunque all’aria aperta. Quindi, appena saputo che martedì 11 luglio si sarebbe tenuto un concerto dei Flogging Molly e i Dropkick Murphys al Carroponte di Sesto San Giovanni (la mia città) subito in me si è acceso l’interesse.

Restava l’incognita dei turni al lavoro; non sono il tipo che chiede di uscire prima o entrare dopo, se non per cause di forza maggiore. Quindi appena saputo il turno, mi sono fiondato ad acquistare i biglietti.

Io e la mia ragazza arriviamo al Carroponte alle 20 passate, mentre i Flogging Molly hanno già iniziato a suonare. Il pubblico non sembra così interessato, molta gente sta ancora entrando e molti altri sono in fila per una birra. Pare proprio che siano tutti lì per i Dropkick, forse il gruppo più importante di celtic punk in circolazione.
I Flogging personalmente non mi fanno impazzire, sebbene abbia ascoltato tutti i loro album che solitamente contengono 4 canzoni carine (in rari casi una molto bella) e il resto è puro riempitivo.
Ammetto però che dal vivo sono piuttosto piacevoli, ma non pagherei mai trenta euro per vedere un concerto tutto loro. Tra le canzoni particolarmente memorabili eseguite quella sera mi va di citare Requiem for a dying song, Seven deadly sins e The worst day since yesterday.
Nessuna traccia di Within a mile of home e Tomorrow comes a day too soon che sono le mie preferite. Non hanno nemmeno eseguito Salty dog, una delle loro canzoni più famose con la quale solitamente chiudono il concerto.

Alle 22:10 i tecnici tirano via il tendone con impresso il nome della band e preparano il palco per la band tanto attesa, mentre la folla comincia a gridare “Let’s go murphy”.
La prime file iniziano a liberarsi poiché la voglia di birra prima del concerto per molti è un dovere, quindi io, la mia ragazza e il mio migliore amico ci spingiamo in avanti ignari del fatto che di lì a poco si sarebbe scatenato il delirio.
Le luci si abbassano e in sottofondo parte The foggy dew cantata da Sinead O’Connor; alla fine del brano salgono sul palco i sette di Boston.
Il pubblico inizia a gridare mentre viene eseguita la strumentale The lonesome boatman, brano d’apertura del loro ultimo album 11 short stories of pain and glory.
Alla fine del brano la band attacca The boys are back, e inizia il vero delirio.
Tutti i presenti nelle prime file tirano fuori l’ignoranza più totale e iniziano a pogare, spingendo, saltando e ballando.
Io cercavo di indietreggiare tenendo stretta la mia ragazza temendo che finissimo a terra, mentre il mio amico si è buttato in mezzo alla folla finché non l’ho visto sparire letteralmente risucchiato dai fan in delirio.
Qualche minuto dopo l’ho visto tornare verso di noi sorridente, gentilmente “restituito” a suon di spintoni con il labbro leggermente gonfio.

Purtroppo l’acustica faceva pena, non si distinguevano i vari strumenti e le canzoni risultavano essere solo “rumore” ideale per chi si trovava lì esclusivamente per fare casino.
Chi voleva ascoltare della buona musica godendosi pienamente le canzoni sarà rimasto sicuramente deluso.
Per la scaletta è stato dato maggior spazio agli ultimi tre album con 7 canzoni tratte dall’ultimo, tre da Signed and sealed in blood del 2013 e due da Going out in style del 2011.

A completare il quadro le immancabili I’m shipping up to Boston, The state of Massachusetts e Johnny, I heardly knew ya, più qualche chicca rimasta fuori dai precedenti concerti come Famous for nothing e Dirty glass oltre alla sorpresa finale che non mi aspettavo: una cover di If the kids are united dei Sham 69. Una vera bomba.
Dopo le prime quattro canzoni il cantante Ken Casey si rivolge al pubblico ringraziandolo per l’entusiasmo ricevuto e dicendosi soddisfatto di condividere per la prima volta il palco con i Flogging Molly (For the first time on the same fucking stage).
E poi parte la bellissima Going out in style, e li è di nuovo delirio.
Tanta era la confusione che praticamente non sono riuscito ad ascoltare bene la canzone.

Avrei tanto voluto ascoltare Rebels with a cause e Sandlot, tratte dall’ultimo album che parevano essere una presenza fissa negli ultimi concerti, e invece questa volta sono rimaste fuori.
La parte finale del concerto la abbiamo vista stando di lato, perché quando non hai più vent’anni stare schiacciato in mezzo alla folla e sentirsi strattonati non è più così semplice.

Finito il concerto, siamo tornati a casa delusi dalla pessima acustica ma comunque contenti di aver assistito a un concerto di un grande gruppo che anche questa volta è riuscito a trattenere il proprio pubblico facendolo divertire e scatenare per un’ora e mezza.